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CHIARA FERRAGNI

Venezia 76: Chiara Ferragni – Unposted, di Elisa Amoruso

Sconfini

Nemmeno la sezione in cui è stato inserito riflette la natura di un docu-film che finisce per essere ciò che il trailer lasciava intuire: un’autocelebrazione di sé senza macchie.
Chiara Ferragni-Unposted rimane sul sentiero di ciò che la più nota influencer italiana vuole che il pubblico veda, non l’individuo dietro il fenomeno mediatico ed imprenditoriale ma l’icona che alimenta un universo, piaccia o no, al quale apparteniamo e  non possiamo sfuggire.

Ferragni è la più potente influencer della moda nel mondo secondo Forbes. È un’icona contemporanea di self made woman attenta ai diritti delle donne e ai diritti alla diversità. Rappresenta una storia di successo femminile, che continua a sedurre e conquistare milioni di fan ogni giorno, in tutto il mondo. Ma chi è la donna dietro l’immagine pubblica? Quali sono i segreti dietro alle sue imprese multimilionarie?” leggiamo dalla sinossi.

Il contrasto tra i filmini amatoriali dei viaggi da bambina e gli elogi dei più noti art director di moda o responsabili di testate fashion, sembrerebbe volere segnare uno scarto tra la bambina determinata che non sognava di essere famosa, ma “di fare qualcosa che avesse un senso” e l’imprenditrice milionaria, capo di due società che partendo dal nulla è diventata un simbolo di stile e comunicazione.
Peccato non scorgere un barlume di spontaneità in quello che Elisa Amoruso ritrae; anche le scelte delle musiche, hit commerciali per esaltare il lato professionale e pubblico della vita della Ferragni, melodie malinconiche quando l’intervistata è la protagonista, come a volere tratteggiare la figura di una persona comune, dotata di una profondità nascosta e umile, sono inserite in un incastro di immagini e riflessioni programmate come le stories da fare su Instagram.

Più volte verrà rimarcato che “se hai un sogno, una passione e ci credi veramente, dal nulla, puoi diventare qualcuno“, la realtà come sappiamo è ben diversa ma al film interessa solo affermare la grande epopea di una sorta di femminista al tempo del marketing inclusivo.
Non a caso la gran parte degli intervistati appartiene al gentil sesso e gli uomini quando coinvolti o sono parenti e collaboratori oppure vengono tratteggiati come gelosi dell’emancipazione da un mondo che vuole imbrigliare le donne.
È il caso dell’ex braccio destro e fidanzato Riccardo, che le malelingue vogliono come il vero artefice del successo del blog The Blonde Salad, il contenitore da dove nel 2009 tutto ebbe inizio.
Proprio i segreti impreditoriali potevano e dovevano essere il terreno su cui fare un documentario di indagine sui meccanismi d’impresa legati al boom dei social media e del digital advertising, nonché sulla creatività e sulle strategie di una self-made woman. Un ambito che il documentario esaurisce frettolosamente snocciolando dati di crescita e interattività e raccontando a grandi linee gli inizi del blog.

Il controllo totale è letteralmente nelle mani di Chiara Ferragni, ogni parola, attività o “confidenza” viene vissuta con lo smartphone addosso, vi è forse solo un fotogramma dove non appare. La stessa Chiara afferma che non per forza tutto della sua vita deve essere condiviso, ma è una menzogna perché oramai è lei stessa diventa lo strumento, la fiamma che alimenta un’individuo capace di pensare e agire verso una precisa direzione.
Persino durante le prove del matrimonio con Fedez, l’influencer suggerisce al futuro marito di sussurrarle, una volta toltole il velo, qualcosa di dolce così da far commuovere gli ospiti, o ancora sempre al matrimonio la Ferragni spera che il suo pianto sull’altare almeno sia carino; ogni aspetto viene preparato  e messo in atto per creare un engagement artificioso che in realtà non la accomuna né l’avvicina alle persone “reali”.

In Chiara Ferragni – Unposted non vi sono appunto sconfini, solo una sincerità filtrata, frutto di una stucchevole agiografia che non conosce contradditorio e note drammatiche.

Il documentario è così diretto dalla stessa Ferragni, senza che il regista possa davvero assumere il comando, è un processo autoreferenziale dove l’oggetto del documentario ne diventa il promoter accogliendo i suo fan alle anteprime, sfilando sul red carpet e sublimandosi come individuo in un finale dove la libertà del mare e la purezza di una spiaggia fanno di Chiara Ferragni – Unposted un prodotto da fan-service frettoloso e ipocrita.

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