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Venezia 80: Priscilla, di Sofia Coppola

VENEZIA 80

Ancora una donna ingabbiata in un’esistenza che non le appartiene, in cerca di un sogno, di un posto da chiamare casa è la protagonista del nuovo film di Sofia Coppola.

L’immagine di un’icona americana e mondiale come Elvis nel riflesso di una ragazza candida ritratta dalla regista americana con ingenuità e dolcezza; Priscilla conosce Elvis quando è ancora una ragazzina ai primi anni di liceo in una base americana in Germania, siamo alla fine degli anni cinquanta ed Elvis è già una star acclamata costretto dal servizio militare a fermare la sua carriera. I primi incontri sono caratterizzati da un’intesa innocente, quasi fanciullesca e idilliaca, che stravolgono gli umori e la crescita di Priscilla.

Un prologo dove conosciamo una Priscilla ancora acerba ma convinta di ciò che vuole: tornare in America, raggiungere Elvis che nel frattempo ha fatto ritorno in patria.

A Graceland la giovane Priscilla scoprirà presto quanto la costruzione di una favola d’amore debba sfidare, trovando spesso muri,  l’ambiguità di un individuo incapace di essere semplicemente se stesso, impegnato ad interpretare ruoli, sui set come nella vita, riversando su Priscilla capricci e irrascibilità.

La Coppola ritrae volutamente un Elvis meno appariscente per dar modo alla sua Priscilla di emergere, di modellare emozioni e stati d’animo ma lo sviluppo di tutto questo, di ciò che fanno e dicono i protagonisti risulta evanescente, senza mordente e direzione.

Alla fine la Priscilla messa in scena dalla Coppola osserva, assorbe il contesto di un uomo che da vicino le pare lontano e irraggiungibile, non la vediamo agire né riconosciamo in lei una forza tale da rendere il film degno di una storia da vivere e a cui appassionarsi.

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