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BABYTEETH

Venezia 76: Babyteeth, di Shannon Murphy

Concorso

Molti dei teen movie incentrati sulla malattie usciti negli ultimi anni tendono a fare del cancro un elemento liberatorio per il suo protagonista, quasi sempre innamorato di un ragazzo o ragazza super popolare e bello. Nel far questo i film si chiudono in una bolla, percorrendo una strada dove la quotidianità dei protagonisti è un contorno marginale.

L’esordio cinematografico dell’australiana Shannon Murphy capovolge tale assunto seguendo con il proprio stile l’esempio dell’ottimo Me & Earl & the Dying Girl (passato sotto traccia da noi). Anche in Babyteeth c’è una ragazza malata, la quindicenne Milla: non sappiamo molto della sua patologia, da subito ci appare la figura di una persona stanca, con poco voglia di lottare e star al mondo. Come nei più classici dei teen movie sarà l’incontro fortuito e spiacevole con un ragazzo a determinare un cambiamento.

La differenza è che in Babyteeth il soggetto in questione non è un giocatore di football dagli addominali scolpiti, con i capelli sempre in ordine e con un futuro che si traduce in una borsa di studio sportiva per il college. Moses è l’esatto opposto, una specie di cane randagio con più di anni di Milla, cacciato di casa, intento a passare le giornate a spacciare pasticche.
Il film procede come per piccoli paragrafi anticipati da didascalie colorate che compongono il presente incerto di Milla, caratterizzato in gran parte dal desiderio di andare al ballo scolastico e di assaporare un po’ di bellezza in una realtà che si appresta a divenire silenziosa.
Babyteeth specie nella prima parte lavora molto bene sui personaggi secondari, i genitori, l’insegnante di violino, la vicina di casa. Le azioni di Milla portano in realtà a rivelare molto di più di chi le sta accanto che di se stessa; i suoi genitori sono carichi di ansie e problematiche, incapaci e impauriti dinanzi alla malattia della figlia, mentre sotto la maschera da nullafacente, in Moses si nasconde un giovane in cerca di affetto e comprensione.

La sorprendente Eliza Scanlen di Sharp Objects crea una ragazza lontana dal lanciarsi in dichiarazioni strappalacrime, tutto il film procede in maniera netta e senza enfasi sui diversi istanti dell’esistenza durante la malattia, evitando di cadere in risvolti mielosi.

L’ultimo impulso di vita di Milla permette ai propri cari di abbattere le barriere emotive e nervose dissolvendosi in un finale agrodolce, il giusto epilogo per un lungometraggio che, pur con le sue mancanze narrative, lavora bene su silenzi ed immagini non consuete.

 

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