Back
Green Book

Green Book, di Peter Farrelly

È una storia di opposti ed immagini estreme Green Book, diretto da Peter Farrelly. Un road movie che vede incontrarsi due figure distanti per cultura ed estrazione sociale il cui il bianco, un italo-americano, nonostante le sue diffidenze, conosce meglio del nero la musica black e in più in generale la gente del suo “compagno” di viaggio.
Tutto comincia nella New York City dei primi anni sessanta: il buttafuori Tony Vallellonga ha bisogno di un nuovo lavoro dopo la chiusura temporanea del locale notturno dove lavora, confinato nel bronx con una famiglia da sostenere accetta, dopo un esilarante colloquio, il ruolo di autista per il benestante musicista Don Shirley in procinto di iniziare un tour nel profondo sud degli Stati Uniti.

Ad accompagnarli nel viaggio tra le piane statunitensi il Green Book, una guida stampata realmente negli anni sessanta che suggeriva ristoranti e hotel dove i neri erano ben accetti. Green Book racconta di un viaggio di accettazione e scoperta dell’altro, di muri eretti per autodifesa e di esclusione insensata tra gli stessi essere umani.
Al centro i due protagonisti, Tony e Don in un capovolgimento di certezze e status social, con il primo dipendente del secondo seduto nel sedile posteriore in un’America, quella degli stati del sud, dove il raffinato musicista viene ben pagato per suonare in maestose dimore o club ma a cui non viene permesso di utilizzare i servizi igienici o consumare un pasto alla stessa tavola dei bianchi.

Dinanzi a prevaricazioni ed umiliazioni il più concreto e sgraziato Tony non capisce come Don possa sopportare tutto ciò rimanendo impassibile e continuando a manifestare un autocontrollo e un’integrità che lo hanno in parte relegato ad una vita di solitudine, di diffidenza dalla “propria gente” per diventare l’intrattenitore di individui aridi e opportunisti.
È lo scenario che snoda il racconto, che intreccia i modi spiccioli e il linguaggio carnevalesco di Tony all’eleganza e alla precisione di Don, denominato il Dottore non a caso, evidenziati nella fermezza della sua postura e dalla divertente movenza chirurgica con cui per la prima volta mangia su insistenza di Tony del pollo fritto in macchina.

Prima di affrontarlo nel confronto con gli altri, il razzismo è un tema che riguarda Don in prima persona tanto il suo modo di pensare e agire lo hanno condotto ad un esilio caratterizzato da pregiudizi e da povertà di contatti umani, fino a quando l’eccentrico e smaliziato Tony Lip non lo ha smosso dalla sua compostezza.
Più che farne una battaglia condita da dialoghi enfatici o toni estremizzati Green Book affronta il razzismo e le intolleranze per mezzo delle immagini e degli individui che vi entrano dentro, lasciando a Viggo Mortensen e Mahershala Ali la regia del leggero e del serioso senza essere né troppo enfatico né prevedibile.

Entrambi in armonia con i rispettivi personaggi è soprattutto l’attore danese a “condurre” un’avventura di poche settimane che racconta in sostanza di una vita intera risultando efficace a tal punto da accettare lo straniamento e la pronuncia qui si macchiettista e stereotipata ogni qual volta Tony deve parlare con inflessione da italo-americano.

Aggiungi un commento