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L'ora più buia

L’ora più buia, di Joe Wright

Per chi ha visto Dunkirk e non aveva idea di cosa fosse stata l’Operazione Dynamo nel maggio del 1940 familiarizzerà ben presto con lo scenario che funge da filo narrativo a L’ora più buia (Darkest Hour).

Il film di Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio, Espiazione, Anna Karenina) si apre infatti con l’elezione a primo ministro del Regno Unito del 65enne Winston Churchill. L’inarrestabile avanzata dell’esercito tedesco in Europa aveva costretto gli inglesi sull’enorme spiaggia di Dunkerke in Francia, senza aiuti e sotto il costante fuoco del nemico.
Quando venne eletto, Churchill non godeva di notevole considerazione da parte del suo stesso partito, a causa di sventurate spedizioni militari di cui era stato a capo. Difficile da catalogare, in L’ora più buia la figura del primo ministro inglese oscilla per buona parte tra contorni austeri e sfumature più morbide: nel modo di consumare la colazione a letto, alla vestaglia da riposo dai colori poco mascolini il profilo di Churcill non rimandava immediatamente all’immagine classica e rigorosa del politico e più in generale dei modi britannici. Pochi giorni dopo la nomina, lo biascicante Wisnton era già sotto il radar di compagni pronti a dimostrare la sua inadeguatezza e sostituirlo.

Un film costruito prevalentemente negli spazi interni genera un’immagine ambivalente di ciò che stava accadendo. Da una parte l’esercito inglese e gli alleati in balia degli eventi e dall’altra il gabinetto di guerra inglese alle prese con il dilemma di quale fosse l’azione più idonea da attuare: accettare una possibile tregua con i tedeschi o resistere ad oltranza difendendo l’identità di una nazione intera.

Tra salotti, stanze opprimenti, corridoi stretti e bunker, gli incontri con Re Giorgio VI, il Winston Churchill che ha il volto imbolsito e irriconoscibile di un Gary Oldman conciso nel dare vivacità e respiro ad uno script energico, statico solo nello scenario che ospita la storia ma nella forma movimentato e scaltro. Del fiume di parole sussurrate o urlate Joe Wright fa un uso misurato e coinvolgente senza lasciare un attimo di respiro, come in una lotta apparentemente senza via d’uscita. Quando il film sembra girare su sé stesso nell’affabilità del proprio spartito una semplice un’idea combacia il leggendario col popolare.

In un momento di partecipazione collettiva lontana dal diventare solo enfasi e lambendo la retorica L’ora più buia costruisce un’immagine che a seconda delle prospettive, da mero atto politico si eleva a simbolo, raffigurando non più il leader guidato da fermezza, coscienza e lucidità ma un uomo del popolo, con affanni e dubbi, che nell’ora più buia decise di scommettere sul coraggio, sull’anima e sui valori di una comunità.

L'ora più buia

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