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Rodeo

Torino FF40: Rodeo, di Lola Quivoron

Le storie dei nuovi francesi sono spesso circoscritte ad un quartiere, ad una specifica comunità di una qualsiasi città in lotta contro il mondo, chiusi nel bozzolo e nei rituali delle fortezza urbane che custodiscono.

Rodeo parte da quello scenario ma ha la frenesia di uscirne subito: la prima sequenza trasmette istantaneamente la personalità della sua protagonista, Julia, una ragazza scorbutica e perennemente incazzata col mondo.
Appassionata di moto e “improfumata” di benzina e grasso, grazie al talento nel raggirare facoltosi proprietari di moto da cross, riesce ad entrare nel giro di una gang composta da soli uomini e dove le ragazze rimangono a bordo pista, semplici groupies d’accompagnamento o mogli isolate di criminali che dalla prigione dettano le regole di quella particolare famiglia.

Julia non conosce fermate, è un motore sempre acceso con l’ambizione di impennare su una delle tante moto di cui si impadronisce e cavalca, anelando un bottino sempre più alto. Un modo di intendere la vita che finisce presto per scontrarsi col machismo e la supremazia di un gruppo senza aperture; la fratellanza regge fin tanto che gli eventi non interferiscono con le certezze di alcuni.
Come la sua principessa centaura, sporca e e ammaccata, Rodeo trova nell’azione la propria voce, nei gesti più che nelle parole una via per scovare un pò di luce e calore, emergendo nel buio di appartamenti vissuti come una prigione e nella freddezza di garage clandestini.

Persino in un capannone abbandonato si può evadere dal grigiore e da un copione di un’esistenza di battaglia perenne. Rodeo cerca quindi la bellezza dove altri vedono abbandono e miseria, non venendo meno mai al suo spirito: anche l’ultimo miglio è una corsa senza bivi e vie di fuga, rivendicando un’indipendenza e una libertà che nessun fuoco può spegnere.

Un’opera prima schietta, la Quivoron segue Julia da vicino, con primi piani incalzanti, di cui a volte abusa, cercando, non brillantemente, nell’onirico un’alternativa al dramma reale della vacuità di un presente di stenti ed emarginazione emotiva.

 

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