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Venezia 78: La Scuola Cattolica, di Stefano Mordini

Il cinema italiano ha un grande problema con la caratterizzazione dei personaggi e i suoi interpreti.

La scuola cattolica li accoglie tutti, dai più navigati, come Scamarcio e la Trinca, ai più giovani.
Tratto dell’imponente omonimo romanzo, La Scuola Cattolica racconta del celebre fatto di cronaca che scosse il paese negli anni Settanta, il Delitto del Circeo.

Nel farlo utilizza una voca narrante con l’ausilio di memo temporali per arrivare al cuore dell’evento.
Entrambi superfli al fine di un racconto che trattaggia giovani di buona famiglia affascinati dalla crudeltà all’interno di un habitat caratterizzato da disciplina e aspettative.

Chi siano davvero questi viziati ragazzi non lo percepiamo mai: gli atti di bullismo, gli sguardi rubati, il presunto seme del male da tradurre in atti malefici sono messi in scena in maniera forzata, senza avvicinarci realmente alle loro motivazioni e identità.

Come la struttura e l’influenza dell’ istituzione scolastica religiosa entrino nei loro contrasti emotivi, nelle inquietudini di ragazzi “protetti” non è davvero percepibile.

Più che la polvere nascosta degli adolescenti, peraltro invisibile, sarebbe stato più funzionale alla storia un focus sulle famiglie, capire chi fossero i genitori di questi ragazzi per dare più respiro agli stessi, purtroppo scritti in maniera piatta, anonima ed impersonati senza alcuna personalità, incapaci di essere credibili persino negli atti più vili e oscuri.

Mordini infatti non riesce a far emergere i personaggi né a farci respingere nella visione un male che si manifesta senza vigore e convinzione, risultato anch’esso debole e “sopportabile”.

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