Back
il bene mio

Venezia 75: Il bene mio, di Pippo Mezzapesa

Il bene mio è un film che da valore ai nomi, alle persone, al loro vissuto. In un paese dove non solo metaforicamente crollano ponti, case e chiese e con esse un po’ di ciò che siamo il film di Pippo Mezzapesa pone l’accento sulla demolizione del ricordo.

Elia, il protagonista de Il bene mio interpretato da Sergio Rubini, invece è un individuo che vive nel ricordo, un custode di un tempo e di uno spazio deturpati. È rimasto l’unico abitante di Provvidenza, un piccolo borgo del sud Italia, andato completamente distrutto a causa del terremoto, il resto della comunità guidata dal cognato sindaco è andata avanti,  attraversando il ponte col quale si accede alla città in macerie, “ricominciando” a valle, a Nuova Provvidenza.
Ogni giorno Elia lotta contro la rimozione della loro storia, ostinatamente si rifiuta di abbandonare la propria casa, abbate le murate di accesso al borgo fatte costruire dal cognato, così fedele al luogo da non uscirne nemmeno per procurarsi da mangiare; è l’amica Rita, collega della moglie defunta a consegnarli le proviste. Elia non vuole e non riesce a lasciarsi alle spalle i vicoli, le murate bianche, la ricchezza di un paese che sembra parlargli, e in cui forse non è il solo. Nessuna gli crede quando afferma che a Provvidenza c’è qualcun altro oltre a lui, prima ne avverte la presenza, poi ne scopre il volto, quello di Noor, un immigrata che si nasconde tra le macerie del paesino.

Messapesa segue Elia lo stoico con un occhio non invadente, con la premura di chi non è la guida della storia, ma un ospite che osserva e rimane in disparte, perché a parlare c’è il silenzio di Provvidenza e la fisicità selvaggia di un uomo fiero di non essere ascoltato, di essere considerato pazzo da tutti, un individuo sgraziato e instancabile reso concreto dalla gestualità naturale di Sergio Rubini. C’è la complessità del dolore, la profondità del concetto di memoria e la poesia degli oggetti dimenticati, delle persone perdute nel Il bene mio, elementi raffigurati senza che ci sia bisogno di evidenziarli: sta tutto nel rapporto che nasce tra Elia e Noor, due persone che hanno difficoltà a comunicare eppure capaci di comprendersi perché caratterizzati dalla stessa purezza.

Perché non è possibile un nuovo inizio, il compimento del nostro destino rinunciando a ciò che ci appartiene anche se è vecchio, rotto, o sepolto, significherebbe cancellare il bene più prezioso, quello che Elia ha protetto per tutti.

 

Aggiungi un commento