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The disaster artist

Torino35: The Disaster Artist, di James Franco

Forse oggi, persi nella serialità televisiva, tra piattaforme streaming e quell’irrefrenabile morbosità nel cercare il capolavoro a tutti i costi difficilmente definiremmo The Disaster Artist di James Franco un cult indelebile. Eppure lo è, un piccolo gioiello che parla di cinema, del travagliato processo produttivo e creativo che è di casa ad Hollywood, della vitalità di un uomo con poco talento straordinariamente caparbio e surreale nel dare vita ad un sogno.

Soprattutto di questo narra The Disaster Artist, storia vera di Tommy Wiseau, eccentrico regista, attore e produttore che nel 2002 realizzò, assieme all’amico Greg Sestero, The Room, definito al momento della sua uscita nel 2003, il “Quarto potere dei film brutti” per poi trovare la strada della fama e del seguito in Home Video diventato di fatto un cult. Ad interpretare Tommy e Greg rispettivamente James e Dave Franco.
Nella sua contaminazione di generi il film trae linfa da una doppiezza identitaria che appartiene a Franco così come ad alcuni dei suoi co-protagonisti, una trasposizione emotiva e personale dell’approdo all’interno dell’industria del cinema, con le speranze, le aspettative, le illusioni, e le giornate che diventano mesi senza trovare una svolta. E così per afferrare la vetta che rese grande James Dean, Wiseau decide di agire e di far un film con le sue misteriose risorse economiche, perché la gloria, l’indelebilità di Dean risiedevano nel fatto di essere rimasto sé stesso.

Un James Franco che fa propri senza filtri né compromessi il grottesco e l’insolita sensibilità di un uomo che quel sistema lo vuole spiazzare, fregandosene delle apparenze e delle consuetudini. Tant’è che ha l’aspetto di un cavaliere malefico, un angelo della morte punk; non a caso registi, produttori lo vedono bene solamene come villain. Invece Tommy Wiseau è l’eroe egocentrico, infantile che ride malamente durante un dialogo drammatico sul set del suo stesso lavoro.
Una visione di grandezza proiettata da Franco con passione e con quello spirito da cinema indipendente, intimo e grossolano come lo era Wiseau, con le sue parole martoriate, senza aggiungere articoli, l’attitudine al melodramma che al contrario di quanto si possa immaginare non diventa mai parodia ma coinvolgimento così che le risate alla prima di The Room anziché certificare un fiasco divennero le risa, di una sorta di comunità, che dal film si trasferiscono allo spettatore in sala.

Perché The Disaster Artist è vita reale, una vita dove non è necessario conoscere età, provenienza e disponibilità economiche di persone a noi vicine. È una dimensione a cui non siamo abituati e ci sorprende come la folle idea di girare un’opera prima con una doppia camera, analogica e digitale. Inaspettata e con un esito meravigliosamente disastroso.

The disaster artist

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