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la battaglia dei sessi

La battaglia dei sessi, di Jonathan Dayton e Valerie Fari

Mettere in scena lo sport al cinema è un esercizio complicato. Il rischio dell’enfasi fine a sé stessa su un evento o un determinato personaggio è sempre dietro l’angolo. Ancora più insidioso raffigurare sul grande schermo i gesti atletici. In La Battaglia dei sessi tali passaggi finiscono in seconda battuta perché se è vero che la vicenda del nuovo film della coppia Jonathan Dayton e Valerie Fari ruota attorno al tennis e ad un fatto realmente accaduto, la vera battaglia, le sfide identitarie ed emotive avvengono fuori dal terreno di gioco.

Siamo nel 1973, un gruppo di tenniste donne guidate dalla leader e straordinaria campionessa Billie Jean King, stanche di essere considerate da meno rispetto ai loro colleghi maschili in termini di compensi economici, nonostante portino sugli spalti sullo stesso numero di spettatori, decidono di defilarsi dalla federazione organizzando un personale tour al femminile in giro per il paese. Agli albori del movimento femminista e della rivoluzione sessuale la crociata sportiva e di diritti della King si incrocierà con la vita dissoluta e forse in declino dell’ex campione di tennis Bobby Riggs (uno Steve Carell ormai a suo agio con profili sopra le righe), “il maiale maschilista”, come amava definirsi lui stesso, inguaribile scommettitore che decide di proporre alla King una sfida mai realizzata: un match per stabilire se davvero le tenniste valessero quanto gli uomini.

I registi dell’acclamato Little Miss Sunshine più che sottolineare che ci troviamo negli 70 e una rivoluzione culturale è alle porte fanno perno su una caratterizzazione di un contesto dove i personaggi non sono mai macchiette ma figure reali in lotta con il proprio io e i rispettivi demoni. Per la King, interpretata con equilibrio da Emma Stone la vera sfida era accettare e vivere senza timori la scoperta dell’amore verso una donna, nonostante fosse già felicemente sposata. Bobby Riggs all’opposto, fuori dal rettangolo verde era un libro aperto: esuberante, eccentrico ed esageratamente pieno di sé trasformò i preparativi verso la battaglia dei sessi in uno show mediatico dove ogni aspetto puntava a denigrare, in maniera folcroristica, il ruolo delle donne nello sport e nella vita.
Consci del fatto che focalizzare la messa in scena esclusivamente sulle partite e il tennis avrebbe reso La Battaglia dei Sessi l’ennesimo prodotto che tenta di raffigurare il fascino dello sport senza coglierne le sfumature, Dayton e Fari spostano l’attenzione e la posta in gioco sul dietro le quinte, nei dialoghi sinceri, ponderati, che avvenivano nei salotti dei maschi boriosi. Le vere lotte il più delle volte prendevano forma nelle stanze d’albergo, nei motel, lì dove i desideri, le aspirazioni e i conflitti andavano a mescolarsi con l’energia di quel periodo, con la sensibilità di persone reali che si battevano per un trattamento equo ma soprattutto ambivano ad amare lo sport e le persone con passione e libertà senza ostacoli né pregiudizi.

La battaglia dei sessi

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